Questi sono i racconti che partecipano al contest.
Potete votare quello che preferite.
Buona continuazione!!
(B) Il destino bussa sempre due volte
La pioggia batteva sui vetri insistentemente quel giorno. Era ormai novembre e l’aria autunnale si sentiva sempre di più. A Marianna non piaceva l’autunno. In generale odiava le stagioni che non permettevano al sole di essere il padrone assoluto del cielo. Rimurginava tanto in quei lunghi mesi freddi, pensava alla sua vita, al suo matrimonio fallito, a se stessa.
Marianna aveva 40 anni. E si trovava a un bivio. Doveva scegliere la propria strada, ma davvero però, senza dubbi e paure di ogni sorta.
Il marito le aveva chiesto la separazione; non era più una famiglia la sua. Per fortuna aveva il suo lavoro. Era un’infermiera e aveva sempre svolto la sua occupazione con profonda passione. Le sue colleghe la osservavano come fosse un’aliena, a volte. Non si lamentava mai, ed era sempre sorridente con i malati. Si era battuta per continuare a lavorare, Gianni avrebbe voluto che abbandonasse l’ospedale per dedicarsi totalmente alla famiglia. Non gli aveva dato retta. E adesso si rendeva conto di aver fatto la scelta giusta.
Ma, stava pensando quel lunedì mattina di Novembre, aveva bisogno di staccare la spina. Era stanca. Una viaggio sarebbe stato utile per ricaricare le batterie. Magari in un luogo caldo. Doveva solo decidere quando partire. Lei adorava andare in giro per il mondo. Era la sua grande passione. Una di quelle che non l’avevano abbandonata nemmeno nei periodi più bui.
Ora si stava organizzando con un gruppo di camperisti conosciuti tramite internet. Si stava decidendo insieme un giro per una regione del sud Italia. Lei, che abitava a Milano tra smog e traffico, aveva proprio il desiderio di visitare una di quelle regioni dove ci si poteva godere la vita con maggior lentezza.
Quella sera tornò a casa e si mise al pc. Inviò una mail a quello che avrebbe dovuto essere il suo compagno di viaggio. Era un uomo di 43 anni, che aveva trovato sempre interessante; ci parlava volentieri, era simpatico, le battute gli venivano fuori in modo così naturale che lei non poteva fare a meno di ridere.
Non sapeva bene perché, ma in quella mail stava dicendo molto più di quello che avrebbe voluto. Forse aveva bisogno di uno sfogo; iniziò a parlare del suo matrimonio quasi finito e della necessità che sentiva di viaggiare, di andare lontano. Così credeva che l’avrebbe convinto a partire prima possibile.
Dopo circa mezz’ora le arrivò la risposta di Michele. Meravigliata, iniziò a leggerla. Le raccontava che anche lui non stava attraversando un buon periodo. La sua compagna, con cui conviveva da ormai sette anni, stava meditando di lasciarlo. Il loro rapporto era entrato in una routine noiosa e scontata; fino a pochi anni prima si sarebbero sposati a occhi chiusi ma ora…ora era tutto diverso e lui si chiedeva in che cosa avesse sbagliato.
Le mail continuarono per tutta la notte. Era una strana amicizia la loro. Avevano fatto altri viaggi insieme, ma sempre in comitiva e non c’era mai stato modo di conoscersi davvero.
Ora invece le parole scorrevano sulla tastiera in modo naturale, come se si conoscessero da sempre.
Si lasciarono solo alle quattro del mattino, esausti ma felici di quella nuova, sorprendente intesa che si era creata tra loro.
Marianna andò a letto con una nuova speranza nel cuore. Si, pensò, sarebbe stato proprio bello viaggiare insieme a lui.
Partirono dopo poche settimane. Avevano cambiato destinazione. Sarebbero andati in camper in Grecia. Isole, sole e mare li attendevano.
Marianna e Michele si incontrarono baciandosi sulle guance. Entrambi avvertirono una certa elettricità tra loro.
Lei si chiedeva se il marito, sapendo di questo viaggio, sarebbe stato almeno un minimo geloso, ma non ne era convinta. Le aveva dimostrato, e più di una volta, che ormai non teneva più a lei. Aveva scoperto anche alcuni suoi tradimenti. La ferita ancora bruciava.
Michele guidava e parlava, parlava. Lei gli sorrideva e il mondo iniziò a sembrarle più bello.
Sapeva già che sarebbe stata una vacanza fantastica.
La pioggia batteva sui vetri insistentemente quel giorno. Era ormai novembre e l’aria autunnale si sentiva sempre di più. A Marianna non piaceva l’autunno. In generale odiava le stagioni che non permettevano al sole di essere il padrone assoluto del cielo. Rimurginava tanto in quei lunghi mesi freddi, pensava alla sua vita, al suo matrimonio fallito, a se stessa.
Marianna aveva 40 anni. E si trovava a un bivio. Doveva scegliere la propria strada, ma davvero però, senza dubbi e paure di ogni sorta.
Il marito le aveva chiesto la separazione; non era più una famiglia la sua. Per fortuna aveva il suo lavoro. Era un’infermiera e aveva sempre svolto la sua occupazione con profonda passione. Le sue colleghe la osservavano come fosse un’aliena, a volte. Non si lamentava mai, ed era sempre sorridente con i malati. Si era battuta per continuare a lavorare, Gianni avrebbe voluto che abbandonasse l’ospedale per dedicarsi totalmente alla famiglia. Non gli aveva dato retta. E adesso si rendeva conto di aver fatto la scelta giusta.
Ma, stava pensando quel lunedì mattina di Novembre, aveva bisogno di staccare la spina. Era stanca. Una viaggio sarebbe stato utile per ricaricare le batterie. Magari in un luogo caldo. Doveva solo decidere quando partire. Lei adorava andare in giro per il mondo. Era la sua grande passione. Una di quelle che non l’avevano abbandonata nemmeno nei periodi più bui.
Ora si stava organizzando con un gruppo di camperisti conosciuti tramite internet. Si stava decidendo insieme un giro per una regione del sud Italia. Lei, che abitava a Milano tra smog e traffico, aveva proprio il desiderio di visitare una di quelle regioni dove ci si poteva godere la vita con maggior lentezza.
Quella sera tornò a casa e si mise al pc. Inviò una mail a quello che avrebbe dovuto essere il suo compagno di viaggio. Era un uomo di 43 anni, che aveva trovato sempre interessante; ci parlava volentieri, era simpatico, le battute gli venivano fuori in modo così naturale che lei non poteva fare a meno di ridere.
Non sapeva bene perché, ma in quella mail stava dicendo molto più di quello che avrebbe voluto. Forse aveva bisogno di uno sfogo; iniziò a parlare del suo matrimonio quasi finito e della necessità che sentiva di viaggiare, di andare lontano. Così credeva che l’avrebbe convinto a partire prima possibile.
Dopo circa mezz’ora le arrivò la risposta di Michele. Meravigliata, iniziò a leggerla. Le raccontava che anche lui non stava attraversando un buon periodo. La sua compagna, con cui conviveva da ormai sette anni, stava meditando di lasciarlo. Il loro rapporto era entrato in una routine noiosa e scontata; fino a pochi anni prima si sarebbero sposati a occhi chiusi ma ora…ora era tutto diverso e lui si chiedeva in che cosa avesse sbagliato.
Le mail continuarono per tutta la notte. Era una strana amicizia la loro. Avevano fatto altri viaggi insieme, ma sempre in comitiva e non c’era mai stato modo di conoscersi davvero.
Ora invece le parole scorrevano sulla tastiera in modo naturale, come se si conoscessero da sempre.
Si lasciarono solo alle quattro del mattino, esausti ma felici di quella nuova, sorprendente intesa che si era creata tra loro.
Marianna andò a letto con una nuova speranza nel cuore. Si, pensò, sarebbe stato proprio bello viaggiare insieme a lui.
Partirono dopo poche settimane. Avevano cambiato destinazione. Sarebbero andati in camper in Grecia. Isole, sole e mare li attendevano.
Marianna e Michele si incontrarono baciandosi sulle guance. Entrambi avvertirono una certa elettricità tra loro.
Lei si chiedeva se il marito, sapendo di questo viaggio, sarebbe stato almeno un minimo geloso, ma non ne era convinta. Le aveva dimostrato, e più di una volta, che ormai non teneva più a lei. Aveva scoperto anche alcuni suoi tradimenti. La ferita ancora bruciava.
Michele guidava e parlava, parlava. Lei gli sorrideva e il mondo iniziò a sembrarle più bello.
Sapeva già che sarebbe stata una vacanza fantastica.
(B) E’ solo vita
C’ero una volta io, molto tempo fa: Assim Latifi, da Teheran, 25 anni.
In quella storia avevo una famiglia, amici e un fiorente commercio di tappeti (sia benedetto Allah, Signore dei mondi).
Nel mio bazar, come in una serra preziosa, sbocciavano le rose delicate dei Tabriz più sontuosi e le ghirlande prodigiose dei Kirman più pregiati; a tutte le ore, entrando in quel piccolo paradiso odoroso di sandalo e di mirra, avreste incontrato un gruppetto di persone intente a filosofeggiare intorno ad un pezzo particolarmente raro, mentre la mia piccola sposa intratteneva le signore tra un bicchiere di spremuta di melagrana e un pettegolezzo.
Se chiudo gli occhi posso rivedere il sorriso di Roshanai come se l’avessi ancora tra le braccia: due perle nere vibranti di luce e la bocca come una peonia rossa dischiusa ai baci.
Giorni felici (sia lode all’Altissimo)!
Tutto cambiò in un mattino rovente di luglio. La felicità ci presentò il conto all’improvviso – un conto assai salato, in verità – e fuggì verso altre contrade senza voltarsi indietro, lasciandosi dietro solo un mucchietto di seta colorata e imbrattata di sangue sul marciapiede dove fino a pochi attimi prima aveva camminato una piccola donna orgogliosa.
Roshanai era troppo gaia, troppo libera, troppo splendente per gli oscuri corvi della Rivoluzione che in quei giorni si aggiravano per le vie di Teheran, famelici e accecati dall’odio per la Bellezza.
Una delazione, forse in cambio di un pugno di rial, un indice puntato nell’aria immobile di mezzogiorno e una gragnuola di sassi.
Per Assim, tutto finito.
Ci sono ancora io, qui e ora : Kader Soroush, da Vignola, 53 anni.
In questa storia ho un nome nuovo, una famiglia, amici (che Allah ci apra le porte della Sua misericordia).
Nessuno qui conosce l’altra storia, a parte Alba. Moglie, madre dei miei figli, compagna, patria e famiglia.
Alba come la nascita del giorno, come il candore immacolato della neve fresca.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta alla scuola serale per stranieri, lei era l’insegnante di Italiano e io un profugo silenzioso, rivestito di abiti usati della Caritas.
Ancora oggi, dopo ventisei anni insieme, non saprei dire cosa abbia visto in me.
I suoi occhi color del mare si soffermarono sul mio volto scurito da tre giorni di barba e una piccola ruga interrogativa si increspò tra le sue sopracciglia come sempre le accade quando riflette.
Credo di averla amata in quel preciso istante, perché era tanto diversa da Roshanai.
Alta, chiara e forte quanto l’altra era minuta, bruna e fragile.
E con lei ho imparato ad amare questo paese di pioggia e nebbie, di terra grassa e di fabbriche, dove la gente parla e ride a gola spiegata, senza paura, con spavalderia e godimento.
Con lei mi sono concesso il lusso della libertà.
Avrei potuto rimettere in piedi un commercio di tappeti – ho conservato qualche contatto a Teheran – o impiegarmi come mediatore culturale al comune, o magari cercare lavoro in una fabbrica di ceramiche dei paraggi.
Invece no, ho scelto di non ancorarmi a niente e di muovermi da un luogo all’altro come un uccello migratore. In tutti questi anni non sono mai rimasto disoccupato. Ho raccolto frutta, ho fatto il muratore, ho curato le stalle, ho consegnato rullini fotografici ai laboratori di sviluppo, ho asfaltato strade, ho servito ai tavoli di bar e ristoranti.
A Vignola e dintorni tutti mi conoscono come Kader Tuttofare.
I miei figli hanno imparato a sorridere di questo soprannome, che liquidano come una delle mie tante stranezze scrollando le spalle.
Sono belli, i miei ragazzi dalla pelle ambrata e dagli occhi verdi, sottili come giunchi ma rumorosi come giovani elefanti.
Nonostante il dolore, nonostante l’esilio, nonostante la precarietà, li abbiamo cresciuti con il sorriso sulle labbra e la fiducia nel cuore.
In loro trovo finalmente il senso di tutto ciò che ho perduto e ritrovato.
Il resto è solo vita (la lode si addice all’Eterno).
C’ero una volta io, molto tempo fa: Assim Latifi, da Teheran, 25 anni.
In quella storia avevo una famiglia, amici e un fiorente commercio di tappeti (sia benedetto Allah, Signore dei mondi).
Nel mio bazar, come in una serra preziosa, sbocciavano le rose delicate dei Tabriz più sontuosi e le ghirlande prodigiose dei Kirman più pregiati; a tutte le ore, entrando in quel piccolo paradiso odoroso di sandalo e di mirra, avreste incontrato un gruppetto di persone intente a filosofeggiare intorno ad un pezzo particolarmente raro, mentre la mia piccola sposa intratteneva le signore tra un bicchiere di spremuta di melagrana e un pettegolezzo.
Se chiudo gli occhi posso rivedere il sorriso di Roshanai come se l’avessi ancora tra le braccia: due perle nere vibranti di luce e la bocca come una peonia rossa dischiusa ai baci.
Giorni felici (sia lode all’Altissimo)!
Tutto cambiò in un mattino rovente di luglio. La felicità ci presentò il conto all’improvviso – un conto assai salato, in verità – e fuggì verso altre contrade senza voltarsi indietro, lasciandosi dietro solo un mucchietto di seta colorata e imbrattata di sangue sul marciapiede dove fino a pochi attimi prima aveva camminato una piccola donna orgogliosa.
Roshanai era troppo gaia, troppo libera, troppo splendente per gli oscuri corvi della Rivoluzione che in quei giorni si aggiravano per le vie di Teheran, famelici e accecati dall’odio per la Bellezza.
Una delazione, forse in cambio di un pugno di rial, un indice puntato nell’aria immobile di mezzogiorno e una gragnuola di sassi.
Per Assim, tutto finito.
Ci sono ancora io, qui e ora : Kader Soroush, da Vignola, 53 anni.
In questa storia ho un nome nuovo, una famiglia, amici (che Allah ci apra le porte della Sua misericordia).
Nessuno qui conosce l’altra storia, a parte Alba. Moglie, madre dei miei figli, compagna, patria e famiglia.
Alba come la nascita del giorno, come il candore immacolato della neve fresca.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta alla scuola serale per stranieri, lei era l’insegnante di Italiano e io un profugo silenzioso, rivestito di abiti usati della Caritas.
Ancora oggi, dopo ventisei anni insieme, non saprei dire cosa abbia visto in me.
I suoi occhi color del mare si soffermarono sul mio volto scurito da tre giorni di barba e una piccola ruga interrogativa si increspò tra le sue sopracciglia come sempre le accade quando riflette.
Credo di averla amata in quel preciso istante, perché era tanto diversa da Roshanai.
Alta, chiara e forte quanto l’altra era minuta, bruna e fragile.
E con lei ho imparato ad amare questo paese di pioggia e nebbie, di terra grassa e di fabbriche, dove la gente parla e ride a gola spiegata, senza paura, con spavalderia e godimento.
Con lei mi sono concesso il lusso della libertà.
Avrei potuto rimettere in piedi un commercio di tappeti – ho conservato qualche contatto a Teheran – o impiegarmi come mediatore culturale al comune, o magari cercare lavoro in una fabbrica di ceramiche dei paraggi.
Invece no, ho scelto di non ancorarmi a niente e di muovermi da un luogo all’altro come un uccello migratore. In tutti questi anni non sono mai rimasto disoccupato. Ho raccolto frutta, ho fatto il muratore, ho curato le stalle, ho consegnato rullini fotografici ai laboratori di sviluppo, ho asfaltato strade, ho servito ai tavoli di bar e ristoranti.
A Vignola e dintorni tutti mi conoscono come Kader Tuttofare.
I miei figli hanno imparato a sorridere di questo soprannome, che liquidano come una delle mie tante stranezze scrollando le spalle.
Sono belli, i miei ragazzi dalla pelle ambrata e dagli occhi verdi, sottili come giunchi ma rumorosi come giovani elefanti.
Nonostante il dolore, nonostante l’esilio, nonostante la precarietà, li abbiamo cresciuti con il sorriso sulle labbra e la fiducia nel cuore.
In loro trovo finalmente il senso di tutto ciò che ho perduto e ritrovato.
Il resto è solo vita (la lode si addice all’Eterno).
(C) Niobe
Era una giornata piovosa e Niobe si stava avvicinando al corso d'acqua che preferiva, per potersi rifocillare un poco. Era affaticata, perché aveva passato tutta la notte fuori, per rilassarsi come avrebbe voluto..se avesse potuto.
Una volta arrivata, si concesse un attimo di riposo, alzando i suoi grandi occhi di ghiaccio in direzione del cielo grigio e nuvoloso. Quegli occhi apparentemente freddi erano di una dolcezza infnita, invece. Dopo essere rimasta a guardare rapita da quel cielo che non era del suo solito colore, riabbassò il suo muso e lo portò ancora più in basso, verso il ruscello, bagnando il suo candido e bianco pelo.
Bevve fnché fu sazia e s'incamminò verso la strada dove periodicamente passavano degli strani animali che emettevano dei suoni davvero particolari e che si muovevano su zampe circolari e nere.
***
Jamy era distesa sul letto a guardare un flm d'azione alla tv. Stava guardando per la decima volta “Deja vù – Corsa contro il tempo” col suo attore preferito Denzel Washington. Stava aspettando il ritorno del padre dal lavoro, che spesso lo portava fuori città, ma la ragazza era ben lieta che il padre viaggiasse; non perché non aveva un buon rapporto con lui, anzi sarebbe sciocco solo pensarlo. Era felice per lui perché, al contrario della fglia, il padre poteva vedere tanti posti. Lei invece era costretta a sopportare, per cinque giorni a settimana, ventuno esseri umani davvero squallidi, idioti, cattivi, squallidi. Sì certe cose vanno sottolineate secondo Jamy. Fina poco tempo prima, fra di loro c'era una che si salvava: Sara, ma purtroppo le cose cambiano, e questo Jamy lo aveva scoperto sulla sua pelle. Sara era stata un'amica leale, una di quelle su cui si può sempre contare, e che ogni ragazza vorrebbe avere al proprio fanco. Jamy era la classica 15enne di media statura, capelli lunghi e castani, due grandi ed espressivi occhi verdi, una voce suadente ed era davvero una bella ragazza. Sara invece era anch'essa di media statura, con capelli biondi a caschetto e due occhi a mandorla marroni. Insieme facevano proprio una bella coppia! Erano le classiche tipe che riuscivano a divertirsi con poco e che condividevano tutto.Un giorno però Sara si dimostrò una falsa amica come tutte le altre “amiche” di Jamy e quest'ultima però ne uscì distrutta, perché si era fdata, aveva confdato i suoi più profondi segreti a quella persona e spogliarsi davanti a qualcuno non degno di te fa sempre male capirlo, soprattutto se si parla di una persona di cui ti fdavi ciecamente..
***
Niobe era ormai arrivata alla strada asfaltata e stanchissima, si accasciò proprio nel mezzo della strada, non immaginando che sarebbero potuti arrivare gli animali bizzarri e anche se le fosse venuto alla mente quel dato che poteva costarle la vita, era troppo stanca per pensare alla sicurezza. Aveva un disperato bisogno di dormire e non riusciva a fare un altro passo.
***
La casa di Michael e Isabelle Brooks era nelle vicinanze del bosco e questo giocava a favore di Jamy, che poteva andare a farsi una bella passeggiata purifcatrice nei pressi del lago non molto distante da casa. Andava sempre lì quando doveva prendere decisioni importanti o se avvenimenti di un peso non indifferente entravano nella sua vita prendendola alla sprovvista.
Dopo la perdita di Sara, Jamy si era sentita abbandonata da tutti e riteneva opportuno andare a far visita al suo lago, quell'amico silenzioso che senza proferire parola l'aiutava moltissimo.
Niobe si era svegliata da poco e stava andando a bere un po' d'acqua. Aveva la gola secca e si era riposata a suffcienza: poteva rifocillarsi e trovare un posto più comodo per riposare.
Jamy era ormai arrivata e tra gli alberi si iniziava a vedere il lago. Era di un blu scuro intenso, anche se non era una bella giornata. Si sedette sulla riva, si tolse le scarpe e le calze e immerse i suoi piedi nell'acqua gelida di novembre. All'inizio la ragazza ebbe un gemito di sorpresa perché si aspettava dell'acqua fredda, ma....questa era a dir poco gelida!!
Niobe si stava avvicinando al lago, disattenta e ancora assonnata, altrimenti si sarebbe subito accorta che non sarebbe stata l'unica ospite che il lago attendeva...
Quando Jamy vide un bellissimo lupo bianco, con gli occhi di ghiaccio, si può ben intuire la sua reazione: un urlo che lacerò la calma piatta del bosco e il risveglio precipitoso di Niobe. Infatti quest'ultima appena si accorse dell'ospite inattesa, digrignò i denti per lo spavento, un gesto istintivo, dettato dalla sopravvivenza.
La ragazza invece rimase immobile non avendo la più pallida idea di cosa fare. Provò a guardare in quegli occhi ghiacciati e vide tanta dolcezza, allorché decise di avvicinarsi al lupo. Con piccoli e brevi passi, riuscì ad avvicinarsi, grazie anche al comportamento del lupo.
Finalmente arrivò da Niobe e provò a toccarla timidamente. Il lupo la lasciò fare e da quella timida carezza nacque una profonda ed indivisibile amicizia.
Era una giornata piovosa e Niobe si stava avvicinando al corso d'acqua che preferiva, per potersi rifocillare un poco. Era affaticata, perché aveva passato tutta la notte fuori, per rilassarsi come avrebbe voluto..se avesse potuto.
Una volta arrivata, si concesse un attimo di riposo, alzando i suoi grandi occhi di ghiaccio in direzione del cielo grigio e nuvoloso. Quegli occhi apparentemente freddi erano di una dolcezza infnita, invece. Dopo essere rimasta a guardare rapita da quel cielo che non era del suo solito colore, riabbassò il suo muso e lo portò ancora più in basso, verso il ruscello, bagnando il suo candido e bianco pelo.
Bevve fnché fu sazia e s'incamminò verso la strada dove periodicamente passavano degli strani animali che emettevano dei suoni davvero particolari e che si muovevano su zampe circolari e nere.
***
Jamy era distesa sul letto a guardare un flm d'azione alla tv. Stava guardando per la decima volta “Deja vù – Corsa contro il tempo” col suo attore preferito Denzel Washington. Stava aspettando il ritorno del padre dal lavoro, che spesso lo portava fuori città, ma la ragazza era ben lieta che il padre viaggiasse; non perché non aveva un buon rapporto con lui, anzi sarebbe sciocco solo pensarlo. Era felice per lui perché, al contrario della fglia, il padre poteva vedere tanti posti. Lei invece era costretta a sopportare, per cinque giorni a settimana, ventuno esseri umani davvero squallidi, idioti, cattivi, squallidi. Sì certe cose vanno sottolineate secondo Jamy. Fina poco tempo prima, fra di loro c'era una che si salvava: Sara, ma purtroppo le cose cambiano, e questo Jamy lo aveva scoperto sulla sua pelle. Sara era stata un'amica leale, una di quelle su cui si può sempre contare, e che ogni ragazza vorrebbe avere al proprio fanco. Jamy era la classica 15enne di media statura, capelli lunghi e castani, due grandi ed espressivi occhi verdi, una voce suadente ed era davvero una bella ragazza. Sara invece era anch'essa di media statura, con capelli biondi a caschetto e due occhi a mandorla marroni. Insieme facevano proprio una bella coppia! Erano le classiche tipe che riuscivano a divertirsi con poco e che condividevano tutto.Un giorno però Sara si dimostrò una falsa amica come tutte le altre “amiche” di Jamy e quest'ultima però ne uscì distrutta, perché si era fdata, aveva confdato i suoi più profondi segreti a quella persona e spogliarsi davanti a qualcuno non degno di te fa sempre male capirlo, soprattutto se si parla di una persona di cui ti fdavi ciecamente..
***
Niobe era ormai arrivata alla strada asfaltata e stanchissima, si accasciò proprio nel mezzo della strada, non immaginando che sarebbero potuti arrivare gli animali bizzarri e anche se le fosse venuto alla mente quel dato che poteva costarle la vita, era troppo stanca per pensare alla sicurezza. Aveva un disperato bisogno di dormire e non riusciva a fare un altro passo.
***
La casa di Michael e Isabelle Brooks era nelle vicinanze del bosco e questo giocava a favore di Jamy, che poteva andare a farsi una bella passeggiata purifcatrice nei pressi del lago non molto distante da casa. Andava sempre lì quando doveva prendere decisioni importanti o se avvenimenti di un peso non indifferente entravano nella sua vita prendendola alla sprovvista.
Dopo la perdita di Sara, Jamy si era sentita abbandonata da tutti e riteneva opportuno andare a far visita al suo lago, quell'amico silenzioso che senza proferire parola l'aiutava moltissimo.
Niobe si era svegliata da poco e stava andando a bere un po' d'acqua. Aveva la gola secca e si era riposata a suffcienza: poteva rifocillarsi e trovare un posto più comodo per riposare.
Jamy era ormai arrivata e tra gli alberi si iniziava a vedere il lago. Era di un blu scuro intenso, anche se non era una bella giornata. Si sedette sulla riva, si tolse le scarpe e le calze e immerse i suoi piedi nell'acqua gelida di novembre. All'inizio la ragazza ebbe un gemito di sorpresa perché si aspettava dell'acqua fredda, ma....questa era a dir poco gelida!!
Niobe si stava avvicinando al lago, disattenta e ancora assonnata, altrimenti si sarebbe subito accorta che non sarebbe stata l'unica ospite che il lago attendeva...
Quando Jamy vide un bellissimo lupo bianco, con gli occhi di ghiaccio, si può ben intuire la sua reazione: un urlo che lacerò la calma piatta del bosco e il risveglio precipitoso di Niobe. Infatti quest'ultima appena si accorse dell'ospite inattesa, digrignò i denti per lo spavento, un gesto istintivo, dettato dalla sopravvivenza.
La ragazza invece rimase immobile non avendo la più pallida idea di cosa fare. Provò a guardare in quegli occhi ghiacciati e vide tanta dolcezza, allorché decise di avvicinarsi al lupo. Con piccoli e brevi passi, riuscì ad avvicinarsi, grazie anche al comportamento del lupo.
Finalmente arrivò da Niobe e provò a toccarla timidamente. Il lupo la lasciò fare e da quella timida carezza nacque una profonda ed indivisibile amicizia.
(A) Arrivi a cercare la vecchia Signora
Tutte le mattine, visto il lavoro di primaria importanza, Miranda si sveglia alle 05:00 e deve prepararsi con velocità. Lavora presso una struttura ospedaliera nel reparto di Psichiatria. Miranda è una donna di 38 anni molto sensuale, ma con un carattere forte e deciso ed è sposata con un uomo molto affascinante. È un cinquantenne brizzolato con un fisico scultoreo e sempre abbronzato. Dopo una notte passata tra le braccia del marito facendo l’amore in modo appassionato, Miranda si alza al suono della sveglia, si fa una doccia e si prepara senza fare rumore per non svegliare marito e i due figli che ancora dormono.
Esce di casa con il passo svelto e si dirige verso la sua auto, una Mercedes 200 SLK decapottabile colore nero, con sedili in pelle. Salita nella vettura arrivata in un baleno sul posto di lavoro, visto che le strade sono ancora deserte. Dopo aver timbrato le si presenta l’infermiere del turno di notte e la mette al corrente della situazione che si è andata a creare durante la notte, quando è stata ricoverata d’urgenza una donna di cinquantaquattro anni con gravi problemi di personalità e con diagnosi di bipolarità.
La Dottoressa Miranda, entra nel suo studio, sfogliando le prime analisi della paziente e si fa portare un caffè bollente dal collega. Controlla sorseggiando, la cartella per prendere le giuste decisioni in merito.
Alle 09:00, Miranda inizia il giro in corsia, passa a controllare i suoi pazienti, ordina le cure e gli eventuali colloqui individuali per la psicoterapia giornaliera.
Arrivata alla stanza n° 22, dove è stata ricoverata la paziente della notte, entra silenziosamente. Si avvicina al letto, osserva la paziente, si sofferma con l’intenzione di fare qualche semplice domanda.
Ma.... la paziente ancora dorme.
Tutte le mattine, visto il lavoro di primaria importanza, Miranda si sveglia alle 05:00 e deve prepararsi con velocità. Lavora presso una struttura ospedaliera nel reparto di Psichiatria. Miranda è una donna di 38 anni molto sensuale, ma con un carattere forte e deciso ed è sposata con un uomo molto affascinante. È un cinquantenne brizzolato con un fisico scultoreo e sempre abbronzato. Dopo una notte passata tra le braccia del marito facendo l’amore in modo appassionato, Miranda si alza al suono della sveglia, si fa una doccia e si prepara senza fare rumore per non svegliare marito e i due figli che ancora dormono.
Esce di casa con il passo svelto e si dirige verso la sua auto, una Mercedes 200 SLK decapottabile colore nero, con sedili in pelle. Salita nella vettura arrivata in un baleno sul posto di lavoro, visto che le strade sono ancora deserte. Dopo aver timbrato le si presenta l’infermiere del turno di notte e la mette al corrente della situazione che si è andata a creare durante la notte, quando è stata ricoverata d’urgenza una donna di cinquantaquattro anni con gravi problemi di personalità e con diagnosi di bipolarità.
La Dottoressa Miranda, entra nel suo studio, sfogliando le prime analisi della paziente e si fa portare un caffè bollente dal collega. Controlla sorseggiando, la cartella per prendere le giuste decisioni in merito.
Alle 09:00, Miranda inizia il giro in corsia, passa a controllare i suoi pazienti, ordina le cure e gli eventuali colloqui individuali per la psicoterapia giornaliera.
Arrivata alla stanza n° 22, dove è stata ricoverata la paziente della notte, entra silenziosamente. Si avvicina al letto, osserva la paziente, si sofferma con l’intenzione di fare qualche semplice domanda.
Ma.... la paziente ancora dorme.
Martina, dopo la morte del marito, avvenuta improvvisamente, in una giornata triste, mentre guardava fuori dalla finestra pensava: “A volte, si resta senza parole, non sai più cosa dire, il dolore che si sta provando è immenso, sembra che il cuore venga strappato via e ….. al posto suo ci sia un macigno, che ti da un forte senso di oppressione, sembra di soffocare e cerchi di respirare il più profondamente possibile, ma… poi ti accorgi che è quasi impossibile. Ed è allora che dentro scatta quel pensiero, che pian piano si fa largo nella mente, a volte in modo molto discreto, altre volte più violento e si resta in balia di “lui”. Ti lasci quasi corteggiare come se fosse un’amante perfetto, ti affascina e ti vuole portare via, lontano dalle persone che ami. Ti lusinga, ti fa credere che ascoltandolo poi stai bene, che non soffrirai più. E… succede ti rassegni, ti lasci prendere e… Lo fai. Meditando, o in un momento di rabbia, o sconforto, solo perché non hai abbastanza coraggio di vivere, “la vita”, bella o brutta che sia. Arrivi a cercare la vecchia Signora, la desideri vuoi che ti porta via con se.”
Ed è proprio in questo momento, che Martina ha deciso di non volere più vivere, e ha assunto una forte dose di sonniferi.
Quando Martina riuscì ad aprire gli occhi, si ritrovò in una stanza di ospedale, molto stanca e sofferente per la massiccia dose di barbiturici che aveva ingerito.
Si rese conto di essere ancora in vita.
La Dottoressa Miranda si avvicina e le dice: "Come ti senti?"
Martina senza dire una sola parola, crolla fra le braccia di Miranda e scende in un disperato pianto.
La Dottoressa le accarezza i folti capelli color castano, e la rassicura di essersi svegliata nel posto giusto.
Miranda le dice sorridendole: "Mi prenderò cura io di te e qualsiasi cosa è successo nella tua vita, lo rimetteremo apposto."
Il pensiero di Martina allevia le lacrime e si rivolge alla Dottoressa con tutti gli infermieri accorsi, dicendo: "Sconfiggerete anche la morte di mio marito?"
In un istante, nel reparto ospedaliero, scese un silenzio cadaverico.
Chi avrebbe potuto risolvere tale problema?
Ed è proprio in questo momento, che Martina ha deciso di non volere più vivere, e ha assunto una forte dose di sonniferi.
Quando Martina riuscì ad aprire gli occhi, si ritrovò in una stanza di ospedale, molto stanca e sofferente per la massiccia dose di barbiturici che aveva ingerito.
Si rese conto di essere ancora in vita.
La Dottoressa Miranda si avvicina e le dice: "Come ti senti?"
Martina senza dire una sola parola, crolla fra le braccia di Miranda e scende in un disperato pianto.
La Dottoressa le accarezza i folti capelli color castano, e la rassicura di essersi svegliata nel posto giusto.
Miranda le dice sorridendole: "Mi prenderò cura io di te e qualsiasi cosa è successo nella tua vita, lo rimetteremo apposto."
Il pensiero di Martina allevia le lacrime e si rivolge alla Dottoressa con tutti gli infermieri accorsi, dicendo: "Sconfiggerete anche la morte di mio marito?"
In un istante, nel reparto ospedaliero, scese un silenzio cadaverico.
Chi avrebbe potuto risolvere tale problema?
(A) ...e questa è vita!
In una grande villa di aperta campagna vivono una madre cieca, di nome Marta con cinquant’anni e i suoi figli, ormai adolescenti. È una vita familiare difficile, segnata da profondi problemi della personalità.
Visto il fatto che il salario di Marta è insufficiente per i bisogni della famiglia, si è fatta molta fatica ad ingranare i ritmi di un ceto sociale inferiore. Spesso anche le spese sanitarie per le cure della cecità di Marta, influiscono molto sulle scarse forniture alimentari.
Marco, il ragazzo più “semplice”, desidera una famiglia che si vuole integrare nel sociale. I fratelli Luca e Paolo, come la sorella Giada, sognano un sistema di ricchezza materiale con il sogno di entrare nel mondo dello spettacolo e dello sport.
La più sfortunata dei ragazzi è Sonia, che soffre invece di disturbi mentali.
Il termine autismo fu coniato per descrivere quei soggetti che non provavano nessun interesse per la realtà esterna, le cose e gli altri, ma erano totalmente assorbiti da loro stessi.
Sonia è una ragazza con veri problemi di autismo, nati fino dalla sua nascita.
La prima caratteristica che Sonia ha, è la mancanza di socievolezza: i bambini con la sua malattia, non amano essere presi in braccio, evitano lo sguardo e non mostrano interesse per gli altri. A differenza degli altri bambini non sorridono e non provano angoscia di fronte agli estranei. Spesso sono descritti come calmi e facili, bambini che non chiedono niente a nessuno, neanche di essere consolati durante un momento di sofferenza.
Sonia non instaura rapporti con la madre, che sembra non riconoscere. Tende a rifiutare il contato corporeo, e quando questo avviene ha caratteristiche singolari. La bambina, sia quando ha a che fare con il corpo che con degli oggetti, sembra interessarsi a una sola parte, usandola spesso come appoggio o strumento per ottenere qualcosa di desiderato. Questa bambina mostra di preferire attività ripetitive e monotone. Ha un'estrema esigenza di immutabilità. Le reazioni ai cambiamenti di Sonia, sono spesso d'ira.
Il linguaggio è un'area molto problematica per Sonia. Circa la metà dei bambini autistici non inizia a parlare. Sonia mostra delle caratteristiche peculiari come un tono monotono ed una concretezza dell'espressione. Una bambina che ha inoltre difficoltà ad apprendere e rispettare le regole sociali della comunicazione, con problemi nel rispettare i turni, ad adattare la lunghezza della conversazione e ad introdurre discorsi adeguati.
Spesso fra i ragazzi nascono accese discussioni, per poi rendersi conto, che sono solo sciocchezze.
È una famiglia che vive una vita folgorante e dissacrante negli anni del ventunesimo secolo.
È un esistenza dove si creano linguaggi incompleti e una sintassi nervosa molto vicina alle temperature emotive ansiose.
Una vita piena di problemi, visto che è da anni, che le redini della famiglia sono state lasciate dal padre a causa della sua morte improvvisa.
Una separazione non accettata da nessuno in famiglia, ma la morte è più forte.
Sull’orlo del bizzarro, anche dopo il 2010, si forma un gelido ritratto di borghesia italiana.
I bambini che vivono conflitti in famiglia come quelli dei problemi economici, "spendono" la propria energia nel risolvere le sofferenze che ne derivano.
La concentrazione, che serve sicuramente per un buon apprendimento, risulta compromessa, così poi, come i risultati scolastici.
Spesso questi bambini, reagiscono con atteggiamenti aggressivi contro gli adulti che li aiutano, considerandoli come ostacoli alla realizzazione della loro personalità.
Il mondo dell’adolescente non si sviluppa; esso s’innesta nell’età precedente e sfocia in quello successivo.
Spesso Marta, nella società attuale, industrialmente avanzata e consumistica, non riesce a comunicare e a stabilire rapporti autentici ed efficaci con i propri figli.
Volendo così, tenerli legati dal punto di vista affettivo, anche Marta assume comportamenti permissivi: si mostra debole e scende a compromessi, viziandoli e concedendo loro eccessiva libertà.
Ancora oggi, in una società emancipata della nostra nazione ci sono situazioni familiari che vivono una desertificazione morale. È un duro colpo alla società attuale che dà un risultato d’angoscia e crudeltà.
La verità è che ogni adolescente non sa capire nemmeno se stesso e non sa realmente cosa desidera.
Una madre cieca, contornata da problemi sta pensando di togliersi la vita.
In una grande villa di aperta campagna vivono una madre cieca, di nome Marta con cinquant’anni e i suoi figli, ormai adolescenti. È una vita familiare difficile, segnata da profondi problemi della personalità.
Visto il fatto che il salario di Marta è insufficiente per i bisogni della famiglia, si è fatta molta fatica ad ingranare i ritmi di un ceto sociale inferiore. Spesso anche le spese sanitarie per le cure della cecità di Marta, influiscono molto sulle scarse forniture alimentari.
Marco, il ragazzo più “semplice”, desidera una famiglia che si vuole integrare nel sociale. I fratelli Luca e Paolo, come la sorella Giada, sognano un sistema di ricchezza materiale con il sogno di entrare nel mondo dello spettacolo e dello sport.
La più sfortunata dei ragazzi è Sonia, che soffre invece di disturbi mentali.
Il termine autismo fu coniato per descrivere quei soggetti che non provavano nessun interesse per la realtà esterna, le cose e gli altri, ma erano totalmente assorbiti da loro stessi.
Sonia è una ragazza con veri problemi di autismo, nati fino dalla sua nascita.
La prima caratteristica che Sonia ha, è la mancanza di socievolezza: i bambini con la sua malattia, non amano essere presi in braccio, evitano lo sguardo e non mostrano interesse per gli altri. A differenza degli altri bambini non sorridono e non provano angoscia di fronte agli estranei. Spesso sono descritti come calmi e facili, bambini che non chiedono niente a nessuno, neanche di essere consolati durante un momento di sofferenza.
Sonia non instaura rapporti con la madre, che sembra non riconoscere. Tende a rifiutare il contato corporeo, e quando questo avviene ha caratteristiche singolari. La bambina, sia quando ha a che fare con il corpo che con degli oggetti, sembra interessarsi a una sola parte, usandola spesso come appoggio o strumento per ottenere qualcosa di desiderato. Questa bambina mostra di preferire attività ripetitive e monotone. Ha un'estrema esigenza di immutabilità. Le reazioni ai cambiamenti di Sonia, sono spesso d'ira.
Il linguaggio è un'area molto problematica per Sonia. Circa la metà dei bambini autistici non inizia a parlare. Sonia mostra delle caratteristiche peculiari come un tono monotono ed una concretezza dell'espressione. Una bambina che ha inoltre difficoltà ad apprendere e rispettare le regole sociali della comunicazione, con problemi nel rispettare i turni, ad adattare la lunghezza della conversazione e ad introdurre discorsi adeguati.
Spesso fra i ragazzi nascono accese discussioni, per poi rendersi conto, che sono solo sciocchezze.
È una famiglia che vive una vita folgorante e dissacrante negli anni del ventunesimo secolo.
È un esistenza dove si creano linguaggi incompleti e una sintassi nervosa molto vicina alle temperature emotive ansiose.
Una vita piena di problemi, visto che è da anni, che le redini della famiglia sono state lasciate dal padre a causa della sua morte improvvisa.
Una separazione non accettata da nessuno in famiglia, ma la morte è più forte.
Sull’orlo del bizzarro, anche dopo il 2010, si forma un gelido ritratto di borghesia italiana.
I bambini che vivono conflitti in famiglia come quelli dei problemi economici, "spendono" la propria energia nel risolvere le sofferenze che ne derivano.
La concentrazione, che serve sicuramente per un buon apprendimento, risulta compromessa, così poi, come i risultati scolastici.
Spesso questi bambini, reagiscono con atteggiamenti aggressivi contro gli adulti che li aiutano, considerandoli come ostacoli alla realizzazione della loro personalità.
Il mondo dell’adolescente non si sviluppa; esso s’innesta nell’età precedente e sfocia in quello successivo.
Spesso Marta, nella società attuale, industrialmente avanzata e consumistica, non riesce a comunicare e a stabilire rapporti autentici ed efficaci con i propri figli.
Volendo così, tenerli legati dal punto di vista affettivo, anche Marta assume comportamenti permissivi: si mostra debole e scende a compromessi, viziandoli e concedendo loro eccessiva libertà.
Ancora oggi, in una società emancipata della nostra nazione ci sono situazioni familiari che vivono una desertificazione morale. È un duro colpo alla società attuale che dà un risultato d’angoscia e crudeltà.
La verità è che ogni adolescente non sa capire nemmeno se stesso e non sa realmente cosa desidera.
Una madre cieca, contornata da problemi sta pensando di togliersi la vita.
(C) La mia vita in famiglia
Sono una cucciola meticcia. Mio padre non so chi fosse, avrà sedotto mia madre, con i suoi bei riccioli visto che li ho pure io, e poi ciao bella ci vediamo. E si perché mia madre, un bellissimo esemplare di cirneco dell'Etna alta e slanciata col pelo raso color del miele sapete quel miele di castagno che sembra oro, non è un tipo da strada abituata a difendersi dagli adulatori quindi mio padre con due saltelli e qualche spacconata l'ha conquistata. Le persone con cui vive però non le hanno perdonato la sbandata e dopo neanche un mese che eravamo nate, io e la mia sorellina, ci hanno abbandonate in una campagna. La paura, a ritrovarsi da sole senza le zampe della mamma tra cui rifugiarsi, e la fame, non c'erano più le mammelle piene di latte sempre a disposizione. Abbiamo vissuto un paio di giorni tristi poi una ragazza ci ha trovate e portate a casa sua, ci ha lavato e dato da mangiare ma la nostalgia della mamma era tanta. Dopo un pò che eravamo lì e ci stavamo abituando, un giorno la ragazza ci porta ad incontrare altre persone, una mamma con una figlia che voleva un cane. Come mi vedono non hanno dubbi, è me che vogliono, ho preso da mia madre, sono bella e con gli occhi verdi, la mia sorellina invece è completamente diversa un brutto anatroccolo. Quindi ci dividono, io vado via e lei resta con la ragazza, mi portano in un posto sconosciuto mi mettono una cuccia sul balcone e pretendono che io stia lì in silenzio. Gli umani non capiscono che anche i cani hanno dei sentimenti. Io sentivo la mancanza di mia sorella, del suo calore, volevano che dormissi da sola ma tanto ho pianto che la mamma alla fine mi ha portato dentro e ho dormito sul tappeto. Così è passata la prima notte e poi pian piano ho imparato a dormire da sola, ma appena li sento che si svegliano mi devono far entrare in casa, perché sono un cane, va bene, ma non mi piace stare da sola come un cane e finalmente questo lo hanno capito. La mamma, che ormai è anche la mia mamma, ogni tanto si arrabbia perché rosicchio tutto, anche le scarpe nuove col tacco ma poi mi perdona, lo sa che è perché sto provando i molari nuovi. I miei nuovi fratelli giocano con me, mi portano in giro così ho conosciuto altri cani, pure loro adottati e col guinzaglio. Qualche volta al parco ci slegano, felicità assoluta, corriamo scaviamo insomma facciamo i cani, perché la vita in casa non è il massimo e abbiamo bisogno di questi momenti di evasione. Poi, io amo fare giardinaggio, nel terrazzo di casa ci sono tanti vasi di fiori e quando sono da sola, per far passare il tempo e anche per dare una mano alla mia mamma che lavora, qualche volta poto le piante altre volte invece vedo che la terra nei vasi è dura e la zappetto, quanto tempo risparmiato per la mia mamma e quanto è felice quando torna a casa e trova tutte le piante sistemate. Oltre a due fratelli ho anche dei cuginetti piccoli, loro all'inizio avevano un pò paura di me perché non sono abituati ai cani ma a me piacciono tanto e questa estate al fiume ci siamo divertiti tanto. Non ero mai stata al fiume, ho visto i miei cuginetti che giocavano e sono corsa verso di loro, che sorpresa tutta quell'acqua, splash splash! Non sapevo cosa fare e loro a ridere, poi però, quando siamo usciti non si aspettavano che io mi scrollassi l'acqua di dosso e li ho bagnati tutti, che divertimento. Per stare tranquilli mi hanno legata, ma io morivo dal caldo così per stare al fresco mi sono scavata una buca nella sabbia e mi sono infilata dentro, che facce stupite che hanno fatto, e quante cose che non sanno sui cani. I miei non si aspettavano che io rivoluzionassi la loro vita, forse pensavano che sarei stata come un giocattolo, un pò ci giochi e poi lo lasci e lo ritrovi lì, io sono molto di più, sono speciale, forse magica. Ho trovato una famiglia che aveva bisogno di esternare i propri sentimenti, e io sono stata il mezzo che ha permesso questo miracolo. Li ho costretti ha tirare fuori il loro affetto e a comunicare meglio tra loro. Accettando me forse adesso sono in grado di accettare il diverso da sé e a capire le ragioni dell'altro, che la vita non è un via dritta e che ci possono essere strade secondarie per arrivare alla meta. Vorrei che tutti i miei fratelli randagi trovassero una famiglia da adottare, perché in fondo siamo noi che adottiamo loro, gli umani. Li amiamo senza condizioni e il nostro compito è proprio questo insegnare ad amare senza aspettarsi nulla in cambio.
Sono una cucciola meticcia. Mio padre non so chi fosse, avrà sedotto mia madre, con i suoi bei riccioli visto che li ho pure io, e poi ciao bella ci vediamo. E si perché mia madre, un bellissimo esemplare di cirneco dell'Etna alta e slanciata col pelo raso color del miele sapete quel miele di castagno che sembra oro, non è un tipo da strada abituata a difendersi dagli adulatori quindi mio padre con due saltelli e qualche spacconata l'ha conquistata. Le persone con cui vive però non le hanno perdonato la sbandata e dopo neanche un mese che eravamo nate, io e la mia sorellina, ci hanno abbandonate in una campagna. La paura, a ritrovarsi da sole senza le zampe della mamma tra cui rifugiarsi, e la fame, non c'erano più le mammelle piene di latte sempre a disposizione. Abbiamo vissuto un paio di giorni tristi poi una ragazza ci ha trovate e portate a casa sua, ci ha lavato e dato da mangiare ma la nostalgia della mamma era tanta. Dopo un pò che eravamo lì e ci stavamo abituando, un giorno la ragazza ci porta ad incontrare altre persone, una mamma con una figlia che voleva un cane. Come mi vedono non hanno dubbi, è me che vogliono, ho preso da mia madre, sono bella e con gli occhi verdi, la mia sorellina invece è completamente diversa un brutto anatroccolo. Quindi ci dividono, io vado via e lei resta con la ragazza, mi portano in un posto sconosciuto mi mettono una cuccia sul balcone e pretendono che io stia lì in silenzio. Gli umani non capiscono che anche i cani hanno dei sentimenti. Io sentivo la mancanza di mia sorella, del suo calore, volevano che dormissi da sola ma tanto ho pianto che la mamma alla fine mi ha portato dentro e ho dormito sul tappeto. Così è passata la prima notte e poi pian piano ho imparato a dormire da sola, ma appena li sento che si svegliano mi devono far entrare in casa, perché sono un cane, va bene, ma non mi piace stare da sola come un cane e finalmente questo lo hanno capito. La mamma, che ormai è anche la mia mamma, ogni tanto si arrabbia perché rosicchio tutto, anche le scarpe nuove col tacco ma poi mi perdona, lo sa che è perché sto provando i molari nuovi. I miei nuovi fratelli giocano con me, mi portano in giro così ho conosciuto altri cani, pure loro adottati e col guinzaglio. Qualche volta al parco ci slegano, felicità assoluta, corriamo scaviamo insomma facciamo i cani, perché la vita in casa non è il massimo e abbiamo bisogno di questi momenti di evasione. Poi, io amo fare giardinaggio, nel terrazzo di casa ci sono tanti vasi di fiori e quando sono da sola, per far passare il tempo e anche per dare una mano alla mia mamma che lavora, qualche volta poto le piante altre volte invece vedo che la terra nei vasi è dura e la zappetto, quanto tempo risparmiato per la mia mamma e quanto è felice quando torna a casa e trova tutte le piante sistemate. Oltre a due fratelli ho anche dei cuginetti piccoli, loro all'inizio avevano un pò paura di me perché non sono abituati ai cani ma a me piacciono tanto e questa estate al fiume ci siamo divertiti tanto. Non ero mai stata al fiume, ho visto i miei cuginetti che giocavano e sono corsa verso di loro, che sorpresa tutta quell'acqua, splash splash! Non sapevo cosa fare e loro a ridere, poi però, quando siamo usciti non si aspettavano che io mi scrollassi l'acqua di dosso e li ho bagnati tutti, che divertimento. Per stare tranquilli mi hanno legata, ma io morivo dal caldo così per stare al fresco mi sono scavata una buca nella sabbia e mi sono infilata dentro, che facce stupite che hanno fatto, e quante cose che non sanno sui cani. I miei non si aspettavano che io rivoluzionassi la loro vita, forse pensavano che sarei stata come un giocattolo, un pò ci giochi e poi lo lasci e lo ritrovi lì, io sono molto di più, sono speciale, forse magica. Ho trovato una famiglia che aveva bisogno di esternare i propri sentimenti, e io sono stata il mezzo che ha permesso questo miracolo. Li ho costretti ha tirare fuori il loro affetto e a comunicare meglio tra loro. Accettando me forse adesso sono in grado di accettare il diverso da sé e a capire le ragioni dell'altro, che la vita non è un via dritta e che ci possono essere strade secondarie per arrivare alla meta. Vorrei che tutti i miei fratelli randagi trovassero una famiglia da adottare, perché in fondo siamo noi che adottiamo loro, gli umani. Li amiamo senza condizioni e il nostro compito è proprio questo insegnare ad amare senza aspettarsi nulla in cambio.
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