lunedì 13 dicembre 2010

Le storie di Leonard North di Malonia, 15enne nipote del grande profeta Aldebaran l'esiliato..

Come già sapevo mi è piaciuto moltissimo, anche se devo ammettere che non era proprio come me lo ero aspettata.
Innanzitutto di fantasy c'è solo il fatto che è ambientato a Malonia, un regno parallelo a noi - per così dire - che ricorda un po' l'Inghilterra per la lingua e per l'abbigliamento.
A Malonia si parla il maloniano, che a quanto ho capito è il nostro inglese ribattezzato. C'è un re come secoli fa da noi e i soldati non indossano ingombranti e pesanti armature, si proteggono con scudi, combattono con spade e cavalcano cavalli.
Chi se lo può permettere viaggia in carrozza, mentre gli altri vanno in giro con la regola del TS ( = Tacco-Suola).
Tutte le storie sono narrate da Leo, un quindicenne che come tutti odia la scuola (militare) e come tutti i cittadini della sua città e dell'impero, odia Lucien che è sul trono solo perché ha ucciso iò re e la regina e ha esiliato in Inghilterra il principe.
In questo libro però non si leggono solo le avventure - belle e brutte - del protagonista e del fratellino minore Stirling, ma anche quella del profeta Aldebaran e persino del principe esiliato e anche di una ragazza di nome Anna che sogna da sempre di fare la ballerina (anch'essa in Inghilterra).
Una parte davvero triste è stata la morte di Stirling che ha dato il via ad una serie di eventi davvero tristi e dettati non più dalla razionalità, ma dall'impulso, dalla tristezza, dai "se"...
Quella perdita per Leo è una ferita davvero profonda che lo chiude in un mutismo apparentemente perenno.
Gli fa anche capire che la vita dall'uomo è considerata non una cosa da custodire con gelosia, ma un oggetto che ci è dovuto. Infatti in una frase che mi ha colpito proprio perché sottolinea una cosa che per me conta molto è stata la frase che gli ha fatto prendere coscienza del fatto che in otto anni ha preferito comportarsi da cattivo fratello, litigandoci e gettando alle ortiche il tempo e non dicendo mai al fratello "Ti voglio bene" o una frase che servisse al piccolo di prendere atto del fatto che il fratello gli voleva davvero bene. Ma tutti pensiamo "E' scontato" oppure "Tanto posso dirglielo domani..". E se questo domani non arriva? E se per qualcuno non basta sapere che è scontato? Come la mettiamo? Io non mi stanco mai di dire che voglio bene a qualcuno, anzi lo dico fin quasi alla nausea perché tra una litigata ed un'altra come posso sapere che è scaduto il tempo e non potrò più dirlo?
Oppure come capita a lui. Arrivare con la cura della malattia due minuti dopo il momento in cui potevi fare qualcosa? E' davvero denigrante, ti uccide sapere che se arrivavi anche solo due minuti prima l'avresti salvato dalla morte e dalla febbre silente. E' denigrante quando anche un tuo parente ti rinfaccia il tuo ritardo, dandoti un'altra ferita mortale, accumulandone man mano sempre più.
E' quello che succede al protagonista, che accumula tutto dentro sè, arrivando al limite e sparando ad un comandante che lo aveva reclutato per il fronte, sparando a uno dei personaggi che compaiono sui giornali assieme a Lucien, uccidendolo. Ecco cosa succede quando qualcuno come Leo e come me, incassa e incassa ancora e ancora finché non ce la fa più e allora aggredisce tutti quelli che odia o che semplicemente si trovano sul cammino dell'aggressore.
Non chiedetemi perché ma quando l'ho sentita mentre lavavo i piatti, ho subito visto nella mia mente l'immagine di un Leo stroncato dalla morte del fratellino Stirling,,
http://www.youtube.com/watch?v=1vNtAaTvsHM

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