venerdì 18 marzo 2011

[Recensione: Robin Hood] Benvenuti all'agenzia matrimoniale Robin Hood&Co. Ci trovate nella foresta di Sherwood, terzo albero a destra.

Buon giorno a tutt*!


Oggi vi faccio leggere la mia recensione sul libro Robin Hood del famoso Alexandre Dumas.
Questa volta faccio una cosa carina carina perché parlo anche di Dumas, così chi lo conosce si rinfresca la memoria e chi non conosce la sua storia la può leggere adesso. ^^


Una piccola premessa. La biografia l'ho trovata su un sito, Biografie On line perché di sicuro loro ne sanno molto più di me. 


Biografia: Alexandre Dumas padre (così chiamato per distinguerlo dal figlio, omonimo, anche lui autore di romanzi famosi come "La signora delle camelie") fu uno dei più proliferi e popolari scrittori francesi del diciannovesimo secolo. Senza mai raggiungere un grande merito letterario, Dumas riuscì a ottenere grande popolarità prima come drammaturgo e poi come novellista storico, soprattutto con opere come "Il Conte di Montecristo" e "I tre moschettieri". 
Inoltre è importante considerare che dalle sue memorie, scritte con uno strano misto di candore e cialtroneria, viene fuori, in maniera nitida, l'immagine della Francia nell'era romantica. 

Alexandre Dumas nasce il 24 luglio 1802 da Thomas-Alexandre Davy de La Pailleterie, soldato semplice figlio di un marchese, e di una schiava nera di Santo Domingo, La Pailleterie and Marie Cessette Dumas, dalla quale eredita il cognome. Alcuni anni dopo la morte del padre, nel 1823 il giovane Alexandre viene mandato a Parigi per intraprendere gli studi di legge. Nella capitale riesce a ottenere, grazie alla sua buona calligrafia, diversi incarichi presso il Duca d'Orléans, il futuro re Luigi Filippo. Nel 1824 nasce suo figlio, Alexandre, da una relazione con la sua vicina di pianerottolo. 

In quegli anni Dumas si fa notare per le sue opere teatrali, inserendosi nel movimento romantico francese. I suoi lavori riscuotono un discreto successo (sebbene all'occhio moderno risultino melodrammatici e troppo cruenti). "Enrico III e la sua corte" (1829) racconta del rinascimento francese, "Napoleone Bonaparte" (1831) invece è piéce teatrale sulla figura, ormai leggendaria, del condottiero e imperatore francese, da poco defunto. A differenza dei lavori precedenti, "Antony" (1831) non è un dramma storico, ma un'opera in cui l'autore sviscera i temi dell'adulterio e dell'onore. 

Negli anni successivi l'interesse di Dumas si sposta verso il romanzo storico, grazie soprattutto alla collaborazione dello scrittore Auguste Maquet, col quale produce le opere più famose. I romanzi di Dumas padre non hanno grande spessore psicologico, né accuratezza nella ricerca delle fonti storiche. L'unico interesse dell'autore infatti è creare una storia eccitante ambientata in un background storico, vivace e colorato. 

I suoi romanzi più noti "I tre moschettieri" (pubblicato nel 1844 e messo in scena nel 1845) e "Il conte di Montecristo" (1844), vengono pubblicati a puntate sui giornali, il primo sulla rivista "Le Siècle", il secondo sul "Journal des débats". Entrambi riscuotono un successo enorme, tanto da resistere al passare del tempo e divenire classici della letteratura, rivisitati periodicamente dal cinema e dalle televisioni in tutto il mondo. In seguito Dumas pubblica "Vent'anni dopo" e "Il visconte di Bragelonne" (entrambi continuazione de "I tre moschettieri"). 

Con l'arrivo del successo, Dumas inizia a condurre una vita al di sopra delle proprie possibilità economiche, eccentrica e piena di eccessi. Nel 1844 acquista un terreno nei pressi di Parigi a Port-Marly, dove fa costruire il "Castello di Montecristo", un edificio in cui si mescolano diversi stili, dal rinascimento, al gotico, al barocco. Nel 1847 inaugura un proprio teatro, il "Théâtre-Historique" (Teatro Storico), dove vengono rappresentate le opere dei maggiori autori del passato, come ShakespeareGoethe, Calderon de la Barca, Schiller. Dopo solo tre anni però il teatro fallisce. Rovinato dai debiti Dumas vende all'asta il suo castello e nel 1851, cercato da più di 150 creditori, deve riparare in Belgio. Nel 1854, risolti i suoi problemi finanziari, torna a Parigi. 

Grande ammiratore di Garibaldi, Dumas cerca di inviare armi alla Spedizione dei Mille. Entra a Napoli assieme alla spedizione e rimane nel capoluogo campano per tre anni, dove è "Direttore degli scavi e dei musei", ma nel 1864 lascia la sua carica pressato dal malumore dei napoletani che poco tollerano la presenza di uno straniero a ricoprire una carica così prestigiosa. Dal suo soggiorno a Napoli, Dumas scrive "Il Corricolo" e "La San-Felice", biografia romanzata di Luisa Sanfelice, nobildonna napoletana che appoggiò la Repubblica Partenopea. 

Nel settembre del 1870, dopo una malattia vascolare che lo lascia semiparalizzato, si trasferisce nella villa del figlio a Puys, vicino a Dieppe: qui Alexandre Dumas padre, muore il 6 dicembre 1870. Nonostante le sue ultime volontà fossero diverse (avrebbe voluto che le sue spoglie rimanessero a Villers-Cotterêts, un cimitero che per lo scrittore "ha più l'aria di un'aiuola fiorita dove fare giocare i bambini che di un posto per far dormire i cadaveri"), nel 2002 i suoi resti sono stati trasferiti al Panthéon di Parigi.


Il mio voto: ★★

Trama: Ogni epoca, ogni generazione hanno avuto il loro Principe dei Ladri. Cavalleresco come Ivanhoe, spavaldo come D’Artagnan, Robin il proscritto ha la generosità di un santo e la giovialità di un ragazzo. Di sicuro l’arciere di Alexandre Dumas è il prototipo di una lunga serie di ladri gentiluomini. Il cinema lo ha a lungo inseguito nei labirinti di Sherwood, regno dell’allegria, dell’amicizia e delle sfide beffarde. Gli ha fatto assumere la scanzonata fisionomia di Douglas Fairbanks, la malinconica ironia di Sean Connery, il sorriso rassicurante di Kevin Costner, lo sguardo truce di Russell Crowe. Per i cartoni animati Robin è una volpe, l’inseparabile John un grosso orso. Ma nessuna immagine (come nessuno sbirro) è mai riuscita a imprigionarlo. La lotta che ha ingaggiato con il Potere è destinata a non aver mai fine. Perché Robin Hood è un mito: quello della giustizia che non ha pace e vaga per il mondo a risvegliare i suoi arcieri.




La mia recensione: Ho voluto togliermi la soddisfazione di leggere la storia di Robin Hood. Ho sempre sentito parlare benissimo di Dumas e il fatto che dieci anni fa mi divertivo a sfogliare la copia de I tre moschettieri che abbiamo in casa è per me una sorta di simbolo.


Simboli e ricordi a parte..

Sono impallidita mentre leggevo. Questo è il tanto osannato Alexandre Dumas?! Scusate la volgarità ma se questa porcheria (alla fine mi son trattenuta) è stata scritta da questo bravissimo scrittore l'ipotesi sono due:

- Si era fumato qualcosa di pesante mentre era all'opera; 
- Era un completo idiota.

Io al suo posto mi rivolterei nella tomba al pensiero che questa è l'eredità che ci ha lasciato. Magari io sono un poco svantaggiata perché ho trovato un'edizione che ha l'età di mio padre, ed è di dominio pubblico il fatto che nelle biblioteche dei piccoli paesi ci sono cose che da queste parti si definisco " dei tempi del Carlo Cudega. "
Eh va be' leggi roba scritta in modi sorpassati ma la sostanza è quella: uno schifo.

Fin da piccola sono rimasta ammaliata davanti al celebre cartone animato, ho pianto dalle risate guardando per svariate volte Robin Hood un uomo in calzamaglia e a breve conto di vedermi il Robin Hood del 2010. Provate ad immaginare queste illusioni che mi porto fin da piccola svanire quando ho aperto il libro e mi son accorta di essermi data una mazzata sui piedi. Il mio castello di cartacee illusioni è tristemente caduto sotto l'assedio nemico proveniente dal libro, tanto per metterla in un modo simpatico.

Mi son sentita meglio quando ho scoperto che Dumas ha messo tutte le storie sulla leggendaria figura del ladro gentiluomo in un unico libro. Ha fatto un minestrone in parole povere. Ciò non significa che l'ho "perdonato". Tutt'altro. Rimango dell'idea che è una storia ridicola e noiosa. Ridicola perché Robin e la sua compagnia sembrano più un'agenzia matrimoniale che dei fuorilegge dal buon cuore. Non ho contato i matrimoni ma sono stati comunque tanti.
Noiosa per il semplice fatto che l'azione è forzata, c'è perché deve esserci. E per me questo fatto è claro come el sol. In senso negativo, ovviamente.

I cattivi li ho visti come dei poveri sfigati anziché dei cattivi veri propri, perché entravano in scena solo per farsi alleggerire le borse da Robin e i suoi, le donne osannavano anche un uccellino che cinguettava e un albero con una foglia più verde delle altre. La domanda mi sorge spontanea: queste erano lobotomizzate? Se la risposta è sì, non c'è nessuna obiezione. Se la risposta è negativa queste forse dovrebbero farsi vedere.

Insomma non mi è piaciuto questo libro ma voglio confidare nel fatto che Dumas ha avuto solo un piccolo calo di fantasia e avendo a portata di zampa altri suoi libri, voglio esserne sicura. Mi dispiace per il voto basso ma quando io parlo di Robin Hood, intendo quel genio, imbattibile nei travestimenti, bravo a combattere e bravo e paziente nel corteggiare la donna che gli ha rubato il cuore. In questo libro ho visto un discreto combattente e stratega, un discreto camuffatore che sembra un Jarod il camaleonte alle primissime armi (evidentemente i personaggi erano tutti ciechi perché si vedeva lontano mille miglia che quello era sempre Robin Hood. Passi Fitz Alwayn - alias lo sceriffo di Nottingham - che ormai ha una certa età e quindi ha problemi di vista, ma gli altri che scusa avevano? Avevano alzato troppo il gomito?), un discreto corteggiatore e un tizio bravo ad ammogliare gli altri e bravo anche a vuotare le tasche dei ricchi. Anche un poco spiritoso ma il mio ideale di Robin Hood è quella volpe (per davvero!) del famoso cartone animato. E' lui il Robin che ho conosciuto e imparato ad amare, non questo cialtrone con le sembianze di Robin Hood.

p.s. Le ripetizioni "discreto" e "bravo" sono volute.

Le stelline inoltre sono due perché qualche sorriso me l'ha strappato e perché qualche cosa buona c'è, altrimenti se ne beccava una sola.





2 commenti:

  1. xD...che bello questo post! Io ADORAVO e ADORO il cartone della Disney!!! :)

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  2. Forse è meglio se ti dedichi alla letteratura di consumo, romanzi rosa, riviste e quant'altro. I buoni libri non fanno per te se poi partorisci recensioni del genere.
    Con affetto.

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